GLI SPORT CHE SI POSSONO FARE NONOSTANTE IL COVID

17 novembre 2020 - E se il Covid portasse alla rivincita degli sport considerati minori? Dalla scherma all'atletica, molte discipline si sono rivelate più resilienti rispetto ad altre.

Non sono sport di contatto, non si fanno in gruppo. Non sono, per numeri, i più praticati in Italia, ma sono quello che meglio hanno resistito alle norme che hanno imposto il distanziamento sociale. Niente assembramenti per l’atletica, il ciclismo, l’arrampicata sportiva, la scherma e per i pochi altri che si sono salvati dalla scure dei Dpcm, uno dei quali ha messo in fila 130 specialità che non si possono praticare, inserendo addirittura il tennis, se fatto al chiuso.

Tutti si sono fermati la scorsa primavera, ma anche nella pausa c’è chi ha gestito più facilmente gli allenamenti a distanza.

C’è chi come il tennis è tornato in campo in fretta, visto il bel tempo e la distanza mantenuta nei campi all’aperto. Stessa libertà per l’atletica. L’azzurro Eyob Ghebrehiwet Faniel, 27enne poliziotto veneto di origine eritrea, è il primatista italiano della maratona e ha ripreso ad allenarsi grazie all’apertura allo sport all’aperto arrivata dopo Pasqua dalla regione Veneto.

Ancora adesso queste specialità sono praticabili e praticate. La sicurezza non è passata in secondo piano. «La prima ripresa», racconta Giovanna Trillini, plurimedagliata nel fioretto a Mondiali e Olimpiadi e ora tecnico a Jesi, «è coincisa con il bel tempo e abbiamo lavorato all’aperto. Abbiamo mantenuto gruppi divisi e fasce orarie molto rigide. Ci sono controlli all’ingresso e distanze che cerchiamo di far mantenere sempre».

È un adattarsi per tutti gli sport. Non si usano gli spogliatoi, si limitano gli ingressi, si adattano gli allenamenti. Per la scherma, che non è sport di contatto grazie all’utilizzo dell’arma, è cambiato il saluto: non c’è più la stretta di mano, si usano piede, gomito e sguardo.

Anche a distanza quasi tutte le società italiane sono riuscite a lavorare. «Noi facciamo preparazione atletica e tecnico tattica. La prima si è sempre fatta anche da casa. Era una necessità per tenere il gruppo, per non perdere quello che si era fatto e per alleggerire un po’ la tensione» spiega Giovanna Trillini.

Questi sport hanno numeri più ridotti rispetto ad altri. Questo è stato da una parte incentivo per gli insegnanti nel cercare di mantenere in ogni modo attive le società e coinvolti i ragazzi. Dall’altra parte avere numeri ridotti ha facilitato la gestione nel momento più difficile.

Mancano le gare. Dovrebbero ripartire, da gennaio, a livello regionale. «Lo sport è stato colpito come tanti altri settori. Sta cercando di ripartire. Le gare sarebbero fondamentali, soprattutto andando verso le Olimpiadi. Lo stimolo della gara fa tanto. In sala però sono tornati quasi tutti. Pensavo peggio, invece gli atleti ci sono» conclude la campionessa olimpica. La speranza è che altri si avvicinino agli sport che sono riusciti a superare alcune delle barriere imposte dal Covid.

Fonte: Vanity Fair

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